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L'esploratore della porta accanto
di Graziano Campanini

In Arcadia, non più
di Enrico Davoli

L'esploratore malinconico
di Franco Basile

Il mondo a rovescio di Luigi Zecchi
di Eleonora Frattarolo

Qualcosa oltre l'apparenza
di Carlo Federico Teodoro

Incisioni
di Graziano Campanini

...nascono così
di Emilio Contini

Nel giardino della mente
di Gianni Cerioli

Labirinto
di Giancarlo Mandrioli

Natura e paesaggi d'invenzione
di Gloria Vallese

Quieti spaesamenti
di Vladimiro Zocca

Il grande solitario
di Giuseppe Zùnica

Qualcosa oltre l'apparenza

Carlo Federico Teodoro

...a ben vedere, infatti, Zecchi usa del colore quando, affascinato dalla realtà che lo circonda, in essa si immerge soffermandosi a raccontare, con minuziosa fedeltà, colori, atmosfere, prospettive e tutto ciò che di cantabile gli suggeriscono un campo ed un bosco, lo sfavillio dell'azzurro del cielo, il bruno delle terre e gli innumerevoli verdi degli alberi. Ricorre invece al bulino quando avverte l'esigenza di sostare per riflettere ed approfondire. Isola un particolare - magari enorme quanto una pianta centenaria - lo toglie dal suo contesto naturale di riferimento cesellandone (con quella certosina pazienza che è del miniatore) ogni pur minimo contorno e, su una superficie divenuta - fuor di metafora - pagina di poesia, in esso scopre verità recondite o inaccessibili. Come per magia, ma la creazione dell'immagine è sempre una magia... E prende forma e vita un "Arboreto silenzioso" dove Leopardi torna a cantare che "Vissero i fiori e l'erbe" mentre Orazio ammonisce che "Se andrà il mondo in frantumi, lui, impavido resterà ritto sulle rovine". Oltre le chiome delle querce (potenti nonostante le minime dimensioni delle lastre) che celano un orizzonte solo immaginato e dietro colline che appartengono ad un mondo surreale eppure verisimile, il pensiero va a cogliere il senso di una solitudine "dura e cara, compagna dei miei tardi giorni"; là dove "altro non odi che il silenzio, non vedi altro che l'aria" e dove, infine, "tutto cambia, nulla muore"... Valeri, Saba, Ovidio... Perciò, incide Zecchi, la figura è ombra, simulacro rassicurante ed espediente necessario; ma la percezione deve andare oltre il consenso gradevole ed immediato, fino ad un luogo dello spirito che si chiama poesia e non può essere descritto. Solo partecipato e vissuto.

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